IL LIBRO DEL MESE DI SETTEMBRE CON SILVIO PELLICO: LA TRADUZIONE ITALIANA DEL TRATTATO DI ACCUM

In occasione del Libro del Mese di Settembre,  pubblichiamo la traduzione italiana del Trattato Pratico sul Gas Illuminante di Friedrich Accum, realizzata da Silvio Pellico nel 1817.

Il testo originale, pubblicato a Londra nel 1812 e terzo libro del mese, rappresenta uno dei primi studi pratici sull’illuminazione a gas, un’innovazione che ha rivoluzionato le città europee nel XIX secolo. Silvio Pellico traduce il trattato nel 1817, in qualità di segretario personale del conte Luigi Porro Lambertenghi.

A corredo della riproduzione del trattato di Accum, vogliamo offrire ai lettori e alle lettrici un articolo del 1971, scritto da Renato Cerutti, dirigente Italgas e appassionato storico dell’illuminazione. L’articolo, intitolato «Silvio Pellico: primo “impiegato” del gas» e pubblicato sulla rivista del Gruppo Italgas, ripercorre il contributo di Pellico alla diffusione del gas illuminante in Italia, sotto la guida del già citato conte Porro Lambertenghi, mecenate e innovatore milanese.

Ritratto di Silvio Pellico, Carel Christiaan Antony Last, c. 1836 – 1876.
Pubblicato per gentile concessione del Rijksmuseum di Amsterdam.

Silvio Pellico primo “impiegato” del gas di Renato Cerutti

Nella sua prima giovinezza Silvio Pellico trovò impiego a Milano presso il conte Luigi Porro Lambertenghi, in qualità di segretario del conte e di istitutore dei due suoi figli Giacomo e Giulio. Percepiva, per tale incarico, uno stipendio annuo di mille lire, vitto ed alloggio, con diritto ad una pensione di vecchiaia, anche per i suoi genitori, se gli fossero sopravvissuti.

Il conte Porro si era dedicato, con vivo interesse, a tutte quelle novità scientifiche e tecniche che il progresso andava sfornando all’estero con ritmo incalzante. Con lui interessati erano altri patrizi milanesi (Gino Capponi, Borromeo, Confalonieri ed altri). Particolare attenzione dedicò alle filande a vapore (oggetto anche di una sua pubblicazione) ed al nuovo ritrovato, il Gaz Illuminante, che si stava rapidamente estendendo nell’uso in Inghilterra, in Francia ed in altre Nazioni europee. Frequenti i suoi viaggi a Parigi e Londra, soggetti peraltro alla sospettosa attenzione dell’Imperial Regio Governo austriaco. Di questa sua singolare attività di avanguardia fu naturalmente edotto e partecipe il suo segretario, Silvio Pellico, che nel maggio 1816 scrive al fratello Luigi:

“Il Conte, che ama le cose positive, mi fa tradurre un libro inglese di chimica”. E l’8 giugno dello stesso anno: “La Biblioteca Britannica…. io le devo di essere un po’ meno nuovo nella chimica, ora che mi conviene tradurre per il Signor Conte Porro un’opera dell’ Accum sul modo di sostituire alla cera, sego ed all’olio, una sostanza che abbia la facoltà di illuminare. Questa sostanza è il gas, tratto dal carbon fossile… Già molti quartieri di Londra illuminano le strade alla luce del gaz gaz-light che i francesi hanno tradotto Thermolamp“. Il Conte Porro ha il progetto di introdurre l’applicazione di questa scoperta in Italia. Quest’idea è finora un segreto: “quindi ti prego di non parlarne a nessuno”.

Si trattava precisamente del primo testo in materia, e cioè del “Trattato pratico sopra il gaz illuminante” di Federico Accum, chimico pratico, edito a Londra nel 1812, che in quel tempo era considerato testo fondamentale. Ai primi di giugno del 1816 Pellico confermava di essere “immerso nella sua traduzione dell’opera di Accum sul termolampo”, che nel luglio è “ripulita e ricopiata”. “Ancora ripulita e ricopiata una traduzione dell’operetta sulla luce del gaz e letto quattro volumi della Fisica del Moratelli”.

Frontespizio della terza edizione del trattato di Accum, conservato presso la Biblioteca Italgas.

È quindi fuor di dubbio che l’opera di Accum sia stata veramente tradotta dal Pellico; ne troviamo infatti una ulteriore conferma in una sua lettera al fratello Luigi, il 25 agosto 1818 “hai avuto la mia versione dell’ Accum? ” ed infine nella sua lettera del 18 marzo 1829 al Rossi di Vandorno “Porro scrisse un opuscolo sulla filatura a vapore e stampò una traduzione da me fatta di un’opera inglese sul gaz illuminante”.

Orbene, presso la Biblioteca Civica di Torino si trova il trattato l’ Accum, tradotto in italiano dal Pellico, stampato a Milano “presso A. Fortunato Stella” nel 1817. Ma sul frontespizio compare semplicemente la dicitura “tradotto dall’inglese”, senza che sia citato, contrariamente all’uso, il nome del traduttore. Di questo curioso ed inedito particolare si occupa anche Riccardo Massano (Silvio Pellico “Milanese” – Da Dante al Novecento – Ed. Mursia 1970) ipotizzandone una probabile spiegazione che condividiamo. L’ Autore ritiene infatti che uno dei più validi motivi che hanno determinato la omissione del nome del traduttore, vada attribuito al desiderio del Conte Porro, che stava attivamente progettando l’introduzione del gaz a Milano, di evitare commenti su una traduzione fatta dal suo segretario (e questa mansione del Pellico era notoria) per cui si sarebbero potuti attribuire al Conte secondi fini interessati.

Così definitivamente accertata la paternità della traduzione del trattato Accum da parte di Silvio Pellico, potremmo in un certo qual modo attribuirgli la qualifica di “primo impiegato del gas” giustificata anche dal fatto che alla traduzione del trattato seguì, sempre per iniziativa del Conte Porro, la concreta introduzione a Milano di un impianto inglese per la produzione del gas, denominato dal suo inventore Lebon, il “Termolampo”.

Esperienze del Pellico

Di tale introduzione pare interessante seguire le vicende, che qui brevemente esponiamo, e delle quali fu certo partecipe Silvio Pellico, nella sua qualità di Segretario del Conte Porro. Questi infatti, dopo alcune esperienze negative decise di acquistare a Londra un impianto per la produzione del gas, col proposito di avviare una prima prova nella sua abitazione a Milano e di caldeggiarne la diffusione in città in caso di esito positivo. 

Diede pertanto incarico al suo fiduciario e socio Confalonieri di recarsi a Londra e di trattare l’acquisto della “macchina per fare il gas”. Questo trattò la costruzione dell’apparecchio, e affidò la relativa spedizione a Milano alla ditta Brigham Richards e Co. di Londra. Una lettera del Confalonieri al Porro del 3 dicembre 1819, ricapitola la vicenda “La macchina fu ordinata a Londra, fatta eseguire e fatta venire a Milano dal Conte Confalonieri; fu comperata e fatta porre in opera dal Conte Porro nella sua casa”. 

E nella lettera di Confalonieri a Gino Capponi del 4 luglio 1819: “La macchina del gaz è pure arrivata: a giorni attendiamo l’artefice per metterla in opera ed ancora per essa faccio venire il carbone della qualità migliore e per questi due carichi una nave da 150 tonn, veleggia per nostro conto dalle tempestose coste di Newcastle alla nostra Venezia”.

Ritratto del Conte Federico Confalonieri.
Autore sconosciuto, Public domain, da Wikimedia Commons

Da Venezia, ovviamente la macchina fu fatta proseguire per Milano via terra; non semplici né agevoli furono le pratiche doganali relative, di cui certo il Pellico dovette occuparsi. Si giunge così all’8 ottobre 1819; nella sua lettera d Gino Capponi, Confalonieri scrive: “L’illuminazione gaz di cui feci fare l’apparecchio a Londra durante il mio soggiorno è applicata a tutta la casa di Porro ed essa riesce a meraviglia; un carbone di Savona carico di gaz più del migliore inglese pare assicurarci di poter con vantaggio materializzare questa invenzione tra noi”.

Il 2 novembre 1819, Confalonieri scrive a Ugo Foscolo: “La macchina a gaz fornisce ad un intera casa (nota: quella del conte Porro) una così bella comodità d’illuminazione che non vidi in Inghilterra apparecchio meglio riuscito”. Felicemente riuscito l’esperimento in casa Porro, proseguiranno le trattative per la illuminazione del teatro alla Scala, a cui tanto tenevano sia il Porro che il Confalonieri e che molto interesse suscitava nell’ambiente milanese.

Lapide in Via Monte di Pietà a Milano sul palazzo Porro Lambertenghi.
Giovanni Dall’Orto, Attribution, da Wikimedia Commons.

A tal proposito si esaminò la possibilità di illuminare il teatro con “gaz portatile” e si iniziarono altre prove ed esperimenti. È interessante, a questo punto, ricordare quanto il principe Jablonowski scriveva contemporaneamente da Napoli al Confalonieri: “L’illuminazione a gaz non è e non sarà stabilita a Napoli, almeno presto; il governo si opporrà sempre, per non ostare l’olio, che è una delle principali ricchezze del Paese e di cui l’estero comincia ad acquistarne molto meno che in passato avendo supplito con processi diversi all’uso dell’olio nelle fabbriche di stoffa”. Tale presa di posizione contro l’introduzione del gas, giustificata dal timore dei danni rilevanti che ne sarebbero derivati alle industrie dell’olio, si ripeterà a Torino, quando, nel 1824, i francesi tenteranno di introdurre, per l’illuminazione a gas, il “gaz portatile” compreso in contenitori metallici.

Di tutte queste vicende, per certo, il Pellico fu partecipe, sino a che, il 13 ottobre 1820 venne tratto in arresto dalla Polizia austriaca, cominciando così la triste vicenda, processo, condanna, deportazione allo Spielberg assieme ad altri patrioti, tra cui Confalonieri.

Silvio Pellico e Piero Maroncelli in viaggio da Venezia verso il carcere Spielberg.
Carlo Felice Biscarra, Public domain, via Wikimedia Commons

Dopo tanto entusiasmo, spese, progetti e speranze, espatriato il conte Porro e dispersi i suoi amici e sostenitori, l’esperimento e le iniziative per introdurre il gas a Milano ebbero fine. Dovrà passare ancora circa un ventennio prima che a Milano si possa finalmente realizzare il primo impianto industriale per la distribuzione del gas illuminante.

L’illuminazione a gas

Peraltro, in tale periodo, si susseguirono vari esperimenti a carattere dimostrativo e propagandistico di illuminazione a gas, per l’introduzione a Milano del nuovo sistema. Tali esperimenti vennero naturalmente effettuati utilizzando “gaz portatile” compresso in bombole e prepararono lentamente la popolazione milanese all’avvento del nuovo sistema di illuminazione.

Carro per il trasporto del gas sotto pressione. Illustrazione tratta da “Il Gas & Milano. Un ‘amicizia di 150 anni” edito da Società Montecatini Edison, Milano 1968.

Silvio Pellico di ritorno dalla prigionia si stabilì a Torino in seno alla sua famiglia ove riprese la sua attività letteraria, ed ebbe l’occasione di seguire le vicende dell’impianto della prima officina gas italiana, costruita a Torino in regione Porta Nuova, e della travagliata introduzione del Servizio di illuminazione a gas, pubblica e privata nella città.

Egli infatti non poteva aver dimenticato le incombenze riguardanti il gas che gli erano state affidate dal conte Porro durante il suo soggiorno milanese. La realizzazione industriale che si concretava finalmente a Torino, in questa seconda fase della sua vita ed in un settore nel quale il Pellico poteva con ragione considerarsi uno dei pionieri, non mancò certo di suscitare in lui un interesse carico di ricordi giovanili.

In alcune sue lettere al fratello Luigi, scritte negli anni 1838-1840, periodo nel quale si iniziava con la “Compagnia per l’illuminazione a gaz della città di Torino” il servizio pubblico, è manifesto il suo interesse sull’argomento; forse un po’ distaccato, ma obiettivo ed imparziale. Gli accenni alle difficoltà per l’introduzione del nuovo sistema, alle reazioni negative dei produttori e fautori dell’olio, alla polemica tra “gasisti” e “antigasisti”, trovano un loro posto, sia pure episodico ma non trascurabile, nella storia dell’industria italiana del gas, che in quella prima metà del XIX secolo segnò, unitamente all’avvento delle strade ferrate, una potente spinta decisiva e determinante per il progresso della civiltà tecnologica, aprendo così la strada alle successive grandi conquiste nel progresso dell’unità.

La lettera di Silvio Pellico al fratello, in data 10 agosto 1839 esordisce così: “Il gaz ha terminato i suoi affanni ed è uscito dalle nebbie glorioso come il sole”. È un’espressione di compiacimento e di augurio che ai gasisti piacerà ricordare.