L’arrivo del terzo millennio è stato carico di aspettative e interrogativi. Oltre a portare con sé la prima riflessione sulla vulnerabilità dei sistemi informatici, l’anno 2000 è stato sempre considerato una soglia di progresso umano, scientifico e tecnologico. Ripercorriamo il clima degli anni di attesa negli articoli della “Rivista della società italiana per il gas”.

Negli Stati Uniti si parlava di “Millennium Madness” e, in effetti, non mancavano storie di persone che si costruivano bunker con acqua e provviste in vista di quella che, per i più allarmisti, poteva davvero essere la fine del mondo. La causa era il problema informatico chiamato Millennium Bug (o Y2K Bug): il baco del millennio è ancora oggi un ricordo vivido per tutte le persone che hanno attraversato il passaggio tra il 1999 e il 2000.
L’anno 2000 è sempre stato considerato una soglia simbolica ed è stato a lungo percepito, nella fantascienza e nella cultura collettiva, come un punto di svolta, un confine immaginario tra il presente e il futuro. Anche sfogliando l’archivio della “Rivista della società italiana per il gas”, edita tra il 1969 e il 2003, e consultabile online liberamente, è possibile ripercorrere le emozioni, le aspettative e il racconto attorno al fatidico anno 2000 (i primi articoli che citano questa data risalgono agli anni 70).
Nel 1999 anche la rivista di Italgas pubblicò un articolo riassuntivo sul fenomeno del Millennium Bug, a firma del giornalista Massimo Di Nola, per fare chiarezza e dare risposte ai maggiori dubbi e interrogativi. In “Conto alla rovescia per il Millennium Bug” il giornalista spiega innanzitutto l’origine di questo problema: negli anni ’60, ’70 e ’80, molti sistemi informatici e software utilizzavano date con solo due cifre per indicare l’anno (ad esempio, “1970” veniva scritto come “70”). Questo permetteva di risparmiare memoria, ma il potenziale intoppo sorse con il cambio di data tra il 31 dicembre 1999 e il 1° gennaio 2000, perché i computer avrebbero potuto interpretare “00” come “1900” invece che “2000”.
Le maggiori preoccupazioni riguardavano possibili malfunzionamenti in sistemi critici come banche, trasporti, energia, sanità, dogane. Aziende informatiche e governi di tutto il mondo avevano investito in prevenzione già a partire dagli anni precedenti, verificando e aggiornando i sistemi informatici, sostituendo software ed effettuando test e simulazioni. In Italia, come ricorda l’articolo di Di Nola, si formò il “Comitato Anno 2000” guidato da Ernesto Bettinelli e incaricato di gestire le misure di sicurezza per il nostro Paese. Com’è noto, grazie ai preparativi, non si registrarono grandi disastri, per quanto si verificò qualche incidente di entità ridotta. Per la prima volta, però, il mondo intero maturò una consapevolezza della dipendenza collettiva dai sistemi informatici, non avendo, peraltro totale contezza di dove questa dipendenza sarebbe arrivata fino a oggi.
IL 2000 COME SIMBOLO DI PROGRESSO
L’anno 2000 è stato per decenni visto come il culmine del progresso umano. Nell’immaginario letterario e cinematografico entro questa data l’umanità avrebbe colonizzato lo spazio, raggiunto uno sviluppo tecnologico avanzatissimo, con robot, intelligenze artificiali e città futuristiche. Le società sarebbero diventate pacifiche e armoniose senza guerre né povertà, anche grazie alle nuove tecnologie che avrebbero reso la vita più facile e prospera.
In un articolo del 1983 dedicato alla storia industriale italiana, Valerio Castronovo, giornalista e storico dell’impresa, prende proprio questa data per sottolineare come sia considerata una soglia di progresso nelle aspettative. Nel suo articolo “Alla soglia del 2000 l’Italia ricerca la sua cultura del lavoro”, l’autore teorizza un futuro con un nuovo sistema di valori e modelli culturali, dove sarà necessario “conciliare accumulazione economica e consenso sociale, per trapiantare anche in Italia una cultura del lavoro fondata sui valori della professionalità e della democrazia industriale”.
In un modo diverso, Giuseppe Grazzini prende il 2000 come simbolo di progresso. Nel suo reportage del 1970 “La geisha 2000 fa il tè con il gas”, il giornalista tratteggia un mondo di antichi rituali, quello delle geishe giapponesi, che, tuttavia, non può che evolversi e che alla soglia del terzo millennio inizia a preparare il tè senza il tradizionale braciere a carbone.

Giornalista scientifico e storico autore RAI, nonché collaboratore di Piero Angela, Piero Bianucci nel 1996 pubblicò un articolo dal titolo “La scienza nel duemila”, illustrando, fatti alla mano, tutte le speranze che sarebbero diventate realtà grazie alla ricerca a partire dal terzo millennio. Molte delle sue previsioni si sono poi rivelate corrette, come la mappatura completa del genoma umano (avvenuta nel 2022), altre ancora no, come la sconfitta definitiva della fame o la soluzione ai problemi ecologici. Sicuramente, oggi che conosciamo le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, risuonano forti le sue parole sul ruolo dei ricercatori: “Nei prossimi anni nessuno scienziato potrà fare il proprio lavoro senza porsi domande di tipo etico e di consenso sociale”.
IL PROFILO DELLA CRISI AMBIENTALE
Sempre a firma di Piero Bianucci, nel 1994 l’articolo “Scenario ambientale del terzo millennio” sembra una profezia sulla nostra realtà quotidiana. “Mancano duemila giorni al 2000”, annuncia il sottotitolo, ancora una volta carico di aspettative verso questa data. Gestione delle fonti energetiche, sviluppo sostenibile, equità sociale, sono i temi che il giornalista cerca di guardare con una prospettiva futura, non nascondendo qualche delusione rispetto, ad esempio, al Summit della Terra di Rio de Janeiro del 1992, antesignano delle attuali COP. È interessante notare come il linguaggio del giornalista appaia ormai desueto (l’uso, ad esempio, di termini come Terzo Mondo o Paesi sottosviluppati è ormai decaduto), mentre spicca l’analisi dei consumi energetici sul piano planetario, con un focus sul ruolo del gas naturale. Così come premonitore appare la presentazione degli studi del tedesco Friedrich Schmidt-Bleek, direttore dell’Istituto per il clima, l’ambiente e l’energia di Wuppertal, che anticipano l’idea, allora avanguardistica, del calcolo di impatto ambientale dei prodotti lungo il loro ciclo di vita, ormai una pratica piuttosto diffusa.
IL FUTURO DELLA TECNOLOGIA DELLE TELECOMUNICAZIONI
Due articoli apparsi nel pieno degli anni 80, quando in Italia la televisione stava raggiungendo un momento di grande sviluppo e popolarità, provano a fare previsioni tra l’utopico e il distopico sul futuro delle telecomunicazioni. Ancora una volta, data l’esperienza degli autori, si tratta di un futuro tratteggiato sulla base di una profonda conoscenza di questi temi.

Nel 1987 Stefano Pavan, in “L’Homo telematicus della città cabalata”, racconta un prossimo futuro che, letto ora, appare profetico: “Voce e suono, immagini, dati e segnali elettromagnetici trattati in modo unitario saranno sempre di più la “colla” del vivere sociale”. E ancora: “Prenderanno slancio nuovi servizi: l’effettuazione al proprio domicilio di acquisti e pagamenti e di ricerche presso le banche dati […] Avremo il videotelefono tra privati, diventerà comune fare videoconferenze e la filodiffusione porterà non solo musica, ma anche programmi televisivi […] Forse cambierà anche l’aspetto dell’essere umano, come ipotizza qualche buontempone. Diventerà rachitico, con un enorme dito per premere bottoni ed una testa sproporzionata”.

Già nel 1984, Francesco Carassa, rettore del Politecnico di Milano, citando George Orwell aveva previsto un futuro in cui avremmo fatto la spesa tramite la TV, nel suo articolo “Una TV in grado di osservarci”. Le sue previsioni, eccezionalmente azzeccate, si basavano sul rapido sviluppo dei materiali usati per l’hardware delle telecomunicazioni, in particolare la fibra ottica. Carassa scrive che le videoconferenze sostituiranno i viaggi d’affari, che la tv avrà una definizione maggiore su schermi molto grandi, che gli utenti potranno scegliere tra migliaia di programmi disponibili e che “la comunicazione tra persone sarà straordinariamente migliorata, non soltanto per ciò che riguarda le comunicazioni immediate, ma anche per le comunicazioni differite, attraverso messaggi scritti, orali o video”.