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Bacini d'Europa

La prima riforma del sistema idrico nel Vecchio Continente è stata realizzata negli anni Sessanta in Francia. Poi sono scesi in campo gli inglesi (con la Water Authorities), gli scozzesi e i tedeschi, con massicci investimenti. Riuscirà l'Italia a fare altrettanto?

anno: 1992, XXIV, n. 3, pp. 30 - 31

data di pubblicazione: 07.1992 - 09.1992

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descrizione

Le esperienze europee di riforma del sistema idrico mostrano diverse strategie adottate per migliorare la gestione delle risorse e dei servizi correlati. La Francia è stata protagonista della prima grande riforma, con la creazione di sei Agenzie di Bacino dedicarsi alla conservazione e gestione delle risorse idriche, mentre la distribuzione è affidata a grandi consorzi comunali che spesso concedono la gestione a privati, attualmente presenti per il 70% del settore. La tariffa media francese si aggira intorno a 2.000 lire per metro cubo, superiore a quella italiana. Nel Regno Unito, la riforma è stata più radicale: dal 1974 sono nate le "Water Authority" basate su grandi bacini idrografici, servendo da 2 a 15 milioni di abitanti. Nel 1990 queste autorità sono state parzialmente privatizzate, trasformandosi in società per azioni con limiti alla concentrazione azionaria, mentre qualità e tariffa sono regolamentate da enti pubblici nazionali. In Scozia e Irlanda del Nord la gestione resta invece pubblica a livello regionale. In Germania la gestione è altamente frammentata e affidata ai Comuni (circa 8.000 enti di acquedotto), con tariffe tra le più alte d'Europa (2.400-3.000 lire), ma il sistema è tecnicamente efficiente e prevede investimenti programmati per ulteriori risanamenti. L'Italia, sebbene in ritardo rispetto agli altri Paesi, si prepara a una riforma che introdurrà grandi bacini di gestione. A livello comunitario, dalla fine del 1992 è in vigore la direttiva CEE che coordina gli appalti pubblici per i servizi di distribuzione di acqua ed energia, promuovendo la concorrenza nel mercato interno europeo anche in questi settori. Il dossier si conclude sottolineando la sfida italiana di migliorare la competitività attraverso una riorganizzazione seria e strutturata del sistema idrico, finora disorganico e frammentato, per rispondere alle esigenze europee e garantire un servizio più efficiente e sostenibile.

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